Equo compenso: le nuove modifiche

Equo compenso: le nuove modifiche

Come cambia il regime dell’equo compenso per gli avvocati alla luce della L. 49 del 2023.

 

Il regime dell’equo compenso riconosciuto ai professionisti intellettuali (e nello specifico agli avvocati) in caso di prestazione d’opera professionale resa a vantaggio dei contraenti “forti” si arricchisce di maggiori tutele, almeno sulla carta, a favore della parte debole, ossia del professionista stesso.

Il concetto di “equo compenso” viene ribadito dall’art. 1 della nuova norma, che lo definisce come il “compenso proporzionato alla quantità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale”.

Sempre secondo la norma citata, il compenso deve essere conforme ai criteri previsti e disciplinati dalle Tariffe Professionali vigenti, che devono necessariamente costituire il punto di partenza per giungere all’equità della retribuzione.

Parlavamo prima dei contraenti “forti”; quali sono?

  • Le banche e le assicurazioni, ivi comprese le società da loro controllate;
  • Le imprese che occupano più di 50 lavoratori o con ricavi superiori ai 10.000.000 di € annui;
  • La P.A. e le società a partecipazione pubblica

Grande novità (del resto auspicata da tempo) è costituita proprio dall’inserimento tra i contraenti “forti” della Pubblica Amministrazione.

È notorio, infatti, che non solo le grandi imprese bancarie o assicurative da tempo si muovevano, per la verità con con poca grazia, nella giungla costituita dalla sottoposizione all’avvocato di veri e propri “contratti capestro”, con condizioni tariffarie al limite del sostentamento, che svilivano, di fatto, la dignità che deve essere riservata alla professione, anche e soprattutto mediante il riconoscimento di un compenso adeguato alla prestazione resa.

Ora anche la P.A. è stata ricompresa nella previsione di legge, evidentemente in virtù del fatto che era ormai di dominio pubblico che anche questa tipologia di cliente si adeguava volentieri al circolo vizioso ormai imperante.

Alla luce di tutte queste considerazioni, la nuova norma ha previsto la nullità di tutte le clausole contrattuali che compromettono l’equità del compenso, come quelle che:

  1. non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenuto anche conto dei costi sostenuti dal professionista
  2. prevedono la pattuizione di compensi inferiori a quelli stabiliti dai parametri di liquidazione previsti
  3. vietano al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano anticipazioni di spese o che attribuiscono al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto o del servizio reso
  4. prevedano la facoltà di modifica unilaterale del contratto o di richiesta di prestazioni aggiuntive gratuite o, ancora, la previsione di termini di pagamento superiori ai 60 giorni dall’emissione della fattura o che riconoscano all’avvocato il solo minor importo previsto dalla convenzione, nel caso in cui il giudice liquidi al cliente le spese legali in misura superiore

Nel prossimo articolo approfondiremo meglio (con esempi concreti) la ricorrenza di tali clausole ed i rimedi ad esse connessi.

 

G.D.

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